Limitatori di corrente di guasto superconduttivi

 

I dispositivi di limitazione della corrente di guasto costituiscono un elemento chiave per lo sviluppo dei moderni sistemi per la trasmissione e la distribuzione dell’energia elettrica. Tra le varie soluzioni possibili, quella superconduttiva presenta caratteristiche ideali: impedenza trascurabile in condizioni di normale funzionamento e transizione spontanea (e dunque affidabile) verso uno stato ad alta impedenza in caso di guasto. L’intensa attività di ricerca condotta negli ultimi anni su scala mondiale ha dimostrato la fattibilità e l’efficacia di entrambe le tipologie di limitatore di corrente superconduttivo (SCFCL): il limitatore resistivo e quello induttivo. Tuttavia lo studio dell’interazione dei questi dispositivi coi sistemi elettrici di potenza è ancora poco sviluppato. Dal punto di vista numerico questo studio può essere condotto per mezzo di un modello circuitale integrabile negli ambienti di simulazione dei sistemi elettrici gia disponibili.

Presso il Laboratorio di Superconduttività dell’Università di Bologna sono attualmente allo studio le due seguenti tipologie di limitatori di corrente:

1. Limitatore di corrente superconduttivo a nucleo magnetico schermato

2. Limitatore di corrente superconduttivo di tipo trasformatorico con corrente di intervento regolabile

 

 

 

 

1. Limitatore di corrente superconduttivo a nucleo magnetico schermato

è stato sviluppato un modello numerico per la determinazione del circuito equivalente di questo tipo di limitatore. I dettagli matematici del modello sono descritti nella sezione “elettrodinamica degli elementi superconduttivi massicci”. Tale circuito equivalente può essere introdotto all’interno di un ambiente di simulazione per sistemi di potenza al fine di stimare i benefici derivanti dall’inserimento di un SCFCL nelle reti elettriche di trasmissione e distribuzione. Quanto più efficacemente il modello riproduce la dinamica dell’SCFCL in fase di limitazione tanto più accurata sarà la stima dei benefici tecnici ed economici apportati dal dispositivo al sistema. 

 Al fine di validare il modello circuitale elaborato è stato costruito un prototipo di base di limitatore induttivo; l’elemento superconduttivo è costituito da un anello in BISCO 2212 con diametro interno, diametro esterno e altezza pari a 103, 113 e 50 mm rispettivamente. Il valore della densità di corrente critica in condizioni di auto-campo a 77 k, determinata attraverso il criterio del micro-volt su centimetro è pari 810 A/cm2. La figura 1.1 mostra la caratterista E-J dell’anello, fornita dal costruttore.

Figure 1.1: caratteristica E – J dell’anello di BiSCO 2212

Il dimensionamento della bobina è stato effettuato in base la criterio di bilanciamento delle amperspire imponendo una corrente di intervento minima (corrispondente al caso di circuito magnetico a riluttanza nulla) pari a 7 A. La configurazione scelta è costituita da 225 spire, realizzate mediante piattina in rame di sezione 2 × 5 mm2, disposte in 15 strati di 19 spire ognuno. Il diametro interno della bobina è uguale a 160 mm. Il nucleo magnetico è costituito da un'unica colonna centrale laminata, di diametro pari a 63 mm e altezza pari a 300 mm. Tale valore dell’altezza è stato scelto in modo da avere un rapporto tra le impedenze del dispositivo in fase di limitazione e non limitazione non inferiore a 3. La figura 2.1 mostra la distribuzione di campo magnetico all’interno della colonna ferromagnetica caso di limitazione e non limitazione, calcolate preliminarmente in sede di progetto del prototipo. In essa sono anche riportati i valori calcolati delle induttanze.

Fig 2.1.a. Distribuzione di campo all’interno del limitatore in fase di non limitazione, LNL = 12.39 mH

Fig 2.1.b. Distribuzione di campo all’interno del limitatore in fase di limitazione, LNL = 35.86 mH

 

 

Lo schema del circuito utilizzato per testare il dispositivo è riportato in figura. Il limitatore è connesso in serie ad una resistenza di protezione RP di 1 Ω e ad una resistenza di carico RL di 9 Ω.

 

Il circuito è alimentato da un autotrasformatore connesso alla rete a 220V/50Hz ed è controllato dal triac SW1. La resistenza di carico è connessa in parallelo al triac SW2 che gestisce il guasto.Durante le prove effettuate, la tensione di VS alimentazione, la tensione VFCL sul dispositivo e la corrente IFCL circolante nel circuito sono state acquisite per mezzo di trasduttori optoisolati connessi ad una scheda di acquisizione dati, con una frequenza di campionamento pari a 750 campioni al secondo. 

 

 

I due triacs sono stati gestiti attraverso drivers comandati mediante due canali digitali d’uscita della stessa scheda. Tutto il sistema è stato gestito dal software LabVIEW. Durante i test il dispositivo è stato immerso in azoto liquido a pressione atmosferica.

 

 

I risultati sperimentali ottenuti sono stati confrontati con quelli ottenuti per via numerica. Il circuito equivalente del limitatore, determinato mediante il modello numerico, è riportato in figura 3.1.

 

figura 3.1. circuito equivalente del limitatore

 

Siccome i risultati delle simulazioni hanno confermato che attraverso i rami “radiali” del circuito non circola corrente apprezzabile (ciò corrisponde la fatto che nell’anello SC reale non vi è circolazione di corrente in direzione assiale) è stato possibile adoperare il circuito equivalente ridotto riportato in figura 4.1

 

figura 4.1. circuito equivalente ridotto

 

La figura 5.1 mostra il confronto tra le forme d’onda numerica e sperimentale della tensione e della corrente del limitatore durante una prova di guasto. 

 

figura 5.1: corrente e tensione ai capi del limitatore di corrente durante un guasto

I risultati ottenuti per via numerica sono in buon accordo con quelli rilevati sperimentalmente, soprattutto per quanto concerne la fase di normale funzionamento e i primi istanti dopo l’evento del guasto, quindi il circuito equivalente di figura 4.1 costituisce una valida schematizzazione del limitatore che può essere adoperata per studiare la sua interazione con le reti elettriche di potenza.

 

 

 

 

2. Limitatore di corrente superconduttivo di tipo trasformatorico con corrente di intervento regolabile

Un limitatore di corrente superconduttivo di tipo trasformatorico è costituito da un avvolgimento superconduttivo primario connesso in serie al circuito da proteggere e magneticamente accoppiato con un avvolgimento superconduttivo secondario chiuso in corto circuito. L’avvolgimento primario è realizzato mediante materiale SC solo al fine di ridurre il carico termico del criostato. Il numero di spire del primario è maggiore di quello del secondario. A causa del corto circuito del secondario, in condizioni di normale funzionamento il dispositivo presenta un impedenza trascurabile, legata ai flussi di dispersione e alle perdite AC negli avvolgimenti. Quando la corrente primaria supera una determinata soglia la corrente indotta al secondario supera il valore critico; l’avvolgimento transisce verso un stato resistivo e ai capi del dispositivo si localizza un impedenza di elevato valore. La soglia di intervento del limitatore dipende dal rapporto spire e dal coefficiente di mutua induzione tra i due avvolgimenti. È possibile variare la corrente di intervento modificando l’accoppiamento magnetico tra i due avvolgimenti, ossia modificando la loro posizione relativa lungo l’asse.

L’attività sperimentale su questo dispositivo è stata condotta, nell’ambito di un progetto di collaborazione, presso il laboratorio di superconduttività applicata “Nitta Laboratory” dell’Università di Tokyo. Nella figura 1.2 sono riportati uno schema del limitatore e una foto degli avvolgimenti SC utilizzati.

Figura 1.2 : schema dell'apparato sperimentale

I test effettuati confermano l’effettiva possibilità di variazione della corrente di intervento del dispositivo e la sua capacità di limitare la corrente di guasto. La figura 2.2 mostra l’andamento della corrente e della tensione ai capi del dispositivo in seguito ad un evento di corto circuito la cui corrente supera il valore di soglia del limitatore. L’insorgere di un picco nella forma d’onda della tensione ai capi dell’FCL testimonia l’innesco della transizione dell’avvolgimento secondario. Il massimo valore che la corrente raggiunge in seguito al corto circuito risulta inferiore del 4.5 % rispetto al picco che essa raggiungerebbe se il limitatore non fosse inserito nel circuito. Tale modesto valore dell’effetto limitante è dovuto al fatto che per ragioni di sicurezza si è scelto di non far transire completamente l’avvolgimento secondario, ossia si è dimensionato il circuito di prova in modo che il cortocircuito non fosse troppo gravoso.

Al fine di poter valutare il comportamento dell’FCL in condizioni di corto circuito più realistiche si è definito un modello circuitale del dispositivo. In tale modello le cadute di tensione associate ai flussi dispersi sono considerate mediante un opportuna induttanza di dispersione, mentre gli effetti della transizione del secondario sono schematizzati mediante una resistenza non lineare la cui relazione di definizione risulta v = k sign(i) |i|N. I parametri del circuito equivalente sono stati identificati sulla base dei risultati sperimentali. Il modello è in grado di riprodurre con ottima approssimazione i risultati sperimentale. La figura 2 mostra le forme d’onda della tensione e della corrente ai capi dell’FCL calcolate numericamente. Le simulazioni effettuate sulla base del modello circuitale elaborato mostrano che, nel caso di corto circuito molto gravosi il dispositivo può introdurre un effetto di limitazione pari al 32%.

 Figura 2. Forme d’onda della tensione e della corrente ai capi dell’FCL.