Propulsione Magnetoplasmadinamica

Grazie al principio di conservazione della quantità di moto, un veicolo spaziale può spostarsi espellendo dei gas dalla direzione opposta a quella nella quale vuole muoversi. Poiché esso si muove nel vuoto, è costretto a portare con se tutta la massa che partecipa alla reazione: l'energia necessaria ad espellere questa massa potrà venire da un qualsiasi processo energetico, come ad esempio una reazione chimica od un processo nucleare. Teoricamente possono essere variate tanto la velocità con cui il propellente viene espulso quanto la sua massa totale per ottenere un certo incremento di velocità v. In realtà in molti sistemi propulsivi la velocità dei gas allo scarico è fissata da dei limiti tecnologici: ad esempio nei propulsori chimici non si riesce ad andare oltre ai 3 o 4 km/s. E' quindi chiaro che se aumentiamo la velocità di uscita dei gas di scarico, a parità di spinta ottenuta possiamo risparmiare considerevolmente sulla quantità di combustibile che un satellite od una sonda deve portare con se. In particolare nella propulsione elettrica, dove il propellente viene accelerato grazie a fenomeni elettrostatici od elettrodinamici, si riescono a raggiungere le ragguardevoli velocità di 300 o 400 km/s.

Nel Laboratorio di Ingegneria dei Plasmi dell' Università di Bologna si sta studiando, grazie a delle collaborazioni a livello nazionale con il consorzio RFX ed il Centrospazio, un propulsore magnetoplasmadinamico (MPD). Tale propulsore costruito e realizzato dal Centrospazio di Pisa, si trova montato all'interno di una camera da vuoto nelle facilities di questo istituto.

Il propulsore magneto-plasma-dinamico o Lorentz Force Accelerator, è studiato sin dal 1964. Questo tipo di propulsore può operare in due modalità differenti, ovvero in modalità continua (steady-state) o pulsata (quasi steady-state). E' caratterizzato da una geometria assialsimmetrica, e sfrutta la forza di Lorentz per accelerare ed espellere un plasma precedentemente ionizzato.
Durante il suo funzionamento, una corrente dell'ordine di grandezza delle centinaia o migliaia di Ampere passa nella regione interelettronica, come è mostrato nell' animazione presente in questa pagina.

Sorry, your browser doesn't support Java(tm).

Questa corrente ha la duplice funzione di riscaldare e quindi ionizzare il gas propellente e produrre un campo magnetico azimutale che esercita una forza di Lorentz del tipo J x B sulle particelle del gas ionizzato, che viene così accelerato assialmente ed espulso generando spinta.

Esiste una variante di questo lay-out appena descritto, dove il campo magnetico al posto di venire prodotto dalla scarica nel gas, viene applicato dall'esterno, in modo tale da incrementare il processo di accelerazione del plasma: in questo modo il propulsore può funzionare con valori di corrente molto inferiori, con beneficio dei rendimenti e della vita utile degli elettrodi.

Per lo studio di questo propulsore il Laboratorio di Ingegneria dei Plasmi di Bologna sfrutta una serie di diagnostiche di tipo ottico non intrusive sviluppate ad hoc. Nel dettaglio viene utilizzato uno spettrografo, caratterizzato dalla possibilità di registrare l'intera finestra spettrale che si estende dai 250 nm ai 1200 nm, una camera ccd fast shutter a colori, caratterizzata dalla possibilià di registrare immagini con tempi di acquisizione nell'ordine di 100 ns, e da dei fotomoltiplicatori accoppiati a dei monocromatori.

Viene utilizzata inoltre presso i laboratori di Bologna una camera di scarica. In essa, tramite opportune pompe da vuoto ed all'immissione dello stesso gas di lavoro del propulsore MPD (Argon) n, è possibile ricreare le stesse condizioni di plasma presente nell'esperimento di Pisa, al fine di mettere a punto le diagnostiche.

 

Vai alla galleria immagini del propulsore MPD o della camera di scarica di Bologna